Il primo colpo d’occhio, suggestivo e improvviso se si arriva a Pitigliano dalla statale che dal mare porta nell’entroterra maremmano, fa intuire subito quanta storia custodisca questo borgo sospeso su uno sperone di tufo.
È innanzitutto la sua morfologia che parla una lingua antica: prima etrusca, poi romana, e infine medievale, col suo dedalo di viuzze strette e buie, con le sue minuscole finestre, e con quel caratteristico colore e odore di tufo che brilla sotto i raggi del sole, trasmettendo l’insolita sensazione di trovarsi in un arcaico “sud” della memoria.
Dall’esterno le piccole case costruite sul ciglio del dirupo, al limite dello strapiombo, sembrano quasi spuntare disordinatamente dalla roccia; all’interno il borgo è invece ben organizzato lungo tre vie parallele collegate da stretti vicoli. Una di queste è Via Zuccarelli, che attraversa l’antico ghetto ebraico, la parte più suggestiva dell’intero borgo.
Tempi addietro infatti Pitigliano ha ospitato una folta comunità ebraica: la Maremma, terra di frontiera fra contee e ducati in lotta, ha da sempre rappresentato un rifugio sicuro per le minoranze perseguitate, soprattutto dopo il 1569, quando nello Stato Pontificio venne decretata la caccia agli ebrei. Con l’arrivo dei Medici però anche nella stessa Pitigliano gli ebrei vennero relegati in un ghetto, costretti a portare un segno di riconoscimento.
Le cose migliorarono alla fine del Settecento, quando la comunità ebraica venne finalmente riconosciuta come tale, consentendo una perfetta integrazione religiosa con la comunità cristiana locale. Pitigliano iniziò poi ad accogliere ebrei anche dai centri vicini, man mano che i gruppi e le comunità ebraiche che vi risiedevano andavano in decadenza o scomparivano.
Fu così che nel XIX secolo Pitigliano divenne il punto di riferimento per tutte le comunità ebraiche della Maremma, che riconobbero in questa cittadina la loro capitale religiosa, al punto da soprannominarla “la Piccola Gerusalemme”.
Oggi la comunità ebraica pitiglianese è ridotta a poche unità, ma le testimonianze di questo passato sono ancora vive e presenti: le più antiche abitazioni ebraiche si trovano nel vicolo Marghera; poco più avanti un arco immette nel vicolo Manin, dove ha sede il Museo dell’Associazione Piccola Gerusalemme. Con un biglietto di 3 euro è possibile visitare alcuni ambienti dell’antico quartiere ebraico, a cominciare dalla Sinagoga del XVI secolo, l’antico forno delle azzime, il macello, le cantine per il vino kasher, la tintoria, il bagno rituale e il piccolo museo della cultura ebraica.
La presenza degli ebrei ha lasciato la sua impronta anche nelle tradizioni gastronomiche di Pitigliano. Il dolce più caratteristico del borgo è infatti lo sfratto, una leccornia dall’insolita forma a bastone: l’impasto esterno è a base di farina, vino bianco, olio d’oliva, zucchero e vanillina, il ripieno contiene invece miele, noci, scorza d’arancio, noce moscata e semi di anice.
È un dolce ebraico nato proprio qui, nel XVII secolo, a ricordo dell’editto di Cosimo de’ Medici che costrinse gli ebrei sia di Pitigliano che dei paesi limitrofi a lasciare le proprie abitazioni e trasferirsi nel ghetto, a ridosso della sinagoga. Tale sfratto fu intimato dal messo notificatore mediante il gesto rituale di picchiare sulla porta delle case con un bastone. Cento anni dopo gli ebrei di Pitigliano decisero di addolcire, con la creazione dello “sfratto”, questo amaro ricordo.
Ciao Bruna, mi è piaciuto molto questo articolo anche perchè sfogliando alcune guide che possiedo, mi ero già accorta della località di Pitigliano. Gentilmente avresti qualche indicazione sugli alloggi in questo sito? Grazie comunque dell’attenzione, Claudia.
Ciao Claudia, e grazie
Quando ho visitato Pitigliano soggiornavo in zona Sorano, presso l’agriturismo Aia del Tufo. Le due località distano 15-20 minuti in auto ed anche Sorano è un borgo molto carino, nonché Bandiera Arancione del TCI. Per Pitigliano centro non saprei cosa consigliarti, ce n’è sicuramente per tutti i gusti e le tasche