Ci racconta Dario…
Mare, profumo di mare. Carta, profumo di carta. Due elementi inconfondibili della Costiera amalfitana, una delle coste più belle al mondo, dove la magia del ritorno colpisce chiunque: che siate coppie o amici, infatti, godersi il panorama in motocicletta o in auto (cinture allacciate e accelleratore ben alzato) sarà solo una parte del vostro viaggio.
Tra mare cristallino, sentieri, conche e presepi artigianali, il viaggio attraverso la costiera mi ha svelato città e paesi genuini, “deliziosi”, dove storia e cultura sono state impresse dalle mani dell’uomo, dalla bocca, dalle reti, dalle piccole navi. E sono incise nella carta e in quelle che erano le tantissime cartiere di Amalfi, la potente ed operosa repubblica marinara, ricca di vicoli e dominata dallo splendido Duomo.
E’ dalla lontana Cina che, prima agli Arabi e poi ad Amalfi, arrivò il soffio della cellulosa a riempire la città di cartiere. La prima cartiera europea fu costruita in Spagna intorno al 1150 e fu proprio nel Medioevo che i mercanti amalfitani appresero l’arte della fabbricazione della carta dagli Arabi. La carta fu una vera rivoluzione perchè assai più pratica ed economica della pergamena, favorendo così la diffusione di documenti di papi, notai e storici, oltre a produzioni editoriali di qualità.
La visita a quella che ad Amalfi è rimasta l’ultima cartiera, il Museo della Carta, vi resterà nel cuore. Una visita guidata (a pagamento ma che viene svolta con professionalità e passione dagli addetti) vi farà toccare e produrre la carta facendovi capire tutto il processo di lavorazione che avviene attraverso ruote idrauliche a pale, pile per lo spappolamento degli stracci di cotone, maglietti per la lisciatura del foglio, stenditoi, ecc. Ad accogliervi nel Museo c’è una grande sala, una biblioteca ed un bookshop dov’è possibile acquistare la carta fatta a mano, detta anche “bambagina”, prodotta dalla stessa cartiera (è possibile acquistarla anche da Amatruda).
A pungere la vostra curiosità, qualche zanzara ed uno scroscio d’acqua: siete arrivati nel livello inferiore del museo dove la forza motrice del torrente Canneto di Amalfi rende possibile, attraverso un mulino, la lavorazione della carta. La fabbricazione della carta di Amalfi, infatti, consisteva nel raccogliere tessuti preferibilmente di cotone che venivano poi battuti da magli di legno per spezzarne le fibre.
La matassa ottenuta veniva posta a macerare in acqua dentro dei tini e il liquido veniva posto sopra un telaio in ferro che tratteneva la parte più solida, lasciando colare l’acqua in eccesso. E così questa pasta veniva pressata e posta ad asciugare, per poi essere essiccata in modo da diventare un raffinato foglio di carta che poteva contenere anche la filigrana del produttore, lo stemma di una famiglia oppure un disegno, un motivo.
Durante la mia visita ho potuto realizzare un piccolo pezzo di carta che ho accarezzato e, come il messaggio nella bottiglia, lasciato lì insieme a tanti altri, affinché chiunque possa raccoglierlo e usarlo per scriverci la propria storia.
Ad Amalfi, nella “Repubblica della carta“, è ancora possibile raccontarsi e raccontare senza usare nessun bit, senza volerlo. Con gesti lenti, come amano fare le tartarughe in viaggio.
Guest post di Dario Salvelli (@darios) – slow traveller #16