Più ci penso e più mi convinco che sia proprio bel un posto dove portare in gita gli adulti, il Parco di Pinocchio.
Si trova a Collodi, una frazione di Pescia (Pistoia), a valle di un piccolo e scenografico aggregato di case che scendono a cascata da un colle, luogo d’infanzia di Carlo Lorenzini, autore della celebre fiaba. Ho visitato il Parco una mattina d’inverno, e non c’era quasi nessun altro ad esplorarlo e a perdersi tra i sentieri della fiaba in quella tiepida giornata di sole.
Laboratori creativi chiusi, giostre spente. Ma ecco che compare tra gli alberi il Carrozzone di Mangiafuoco. Una visita all’interno è d’obbligo, ed è proprio come lo immagini, come vorresti che fosse il carrozzone del più famoso dei burattinai: un po’ trasandato, pieno di vecchi oggetti impolverati, rigorosamente di legno.
Proseguendo oltre la prima zona prettamente infantile, il percorso letterario del parco – opera collettiva di artisti italiani di spicco negli anni Cinquanta – si snoda tra raffigurazioni di personaggi ed episodi chiave della storia di Pinocchio, che spuntano qua e là tra la vegetazione, accompagnate da brevi iscrizioni tratte dall’opera di Collodi.
Una raffigurazione poetica della fiaba, a tratti minimalista, in alcuni casi malinconica ma sempre d’effetto, capace di riportare alla mente il tempo del ludico e dell’onirico, quel tempo dell’infanzia in cui la fantasia riesce a colmare facilmente lacune di significato con brillanti intuizioni di senso.
E così il Carabiniere che ti si para davanti all’inizio del percorso è un invito a osare, a passargli di corsa sotto le gambe e proseguire oltre; e il Gatto e la Volpe sembrano così simpatici in quell’osteria all’aperto – proprio come dovevano essere sembrati a Pinocchio – che ti vien voglia di far con loro una foto ricordo, notando solo dopo la pistola nascosta dietro la schiena. Osservi poi con curiosità la Fata Bambina, e la sua casina bianca con il tetto fatto di fondi di bottiglia, e con stupore scorgi tra i cespugli la sua fida Lumaca Portinaia, che si concede una sosta tra il primo e il secondo piano.
Una sorta di tristezza sopraggiunge alla vista dei quattro Conigli Neri che portano in spalla una bara, e ancor di più vedendo Pinocchio, ormai trasformato in ciuchino, solo in mezzo a quello che agli occhi di chi non vede è un semplice spiazzo tra il verde, ma che per chi sta al gioco rappresenta – senza dubbio – la pista di un circo.
L’allegria, mista a un po’ di sana diffidenza, si fa di nuovo strada davanti all’enorme Pescecane: tra i suoi denti aguzzi e i suoi spruzzi d’acqua tutto cambia prospettiva, e scorgendo un volto sorridente tra le sue inquietanti fauci il lieto fine sembra essere davvero vicino.
Concludo aggiungendo solo che per godere a pieno dell’atmosfera del Parco di Pinocchio, come avrete intuito, occorre non avere fretta, prendersi il tempo necessario per esplorare ogni dettaglio, e andarci con la voglia di mettere in moto fantasia e memoria, sospendendo – almeno per qualche ora – ogni giudizio di verosimiglianza.
Per informazioni su orari d’ingresso e prezzi visitate il sito ufficiale del Parco di Pinocchio.
Curiosità: “Le Avventure di Pinocchio” è il libro non religioso più tradotto e stampato nel mondo. Se non l’avete mai letto, di fronte all’ingresso del Parco c’è una bottega di souvenir dove lo troverete in diverse edizioni e versioni…oppure scaricatelo qui