Domina dall’alto Genova e il suo porto il castello del Capitano Enrico Alberto D’Albertis. Una vita costellata di mille avventure, di cui restano tracce nelle sue collezioni etnografiche e archeologiche, esposte nelle sale del Castello, divenuto Museo delle Culture del Mondo. A leggerne la storia, questo lupo di mare sembra uscito da un romanzo salgariano, ed il periodo è proprio quello giusto: è infatti quasi ‘coetaneo’ della tigre della Malesia il capitano genovese.
Come dal sogno di un Medioevo incantato pare sorto questo palazzo, eretto verso la fine dell’Ottocento su resti di fortificazioni cinquecentesche e tardomedievali. Percorrendo lo scalone si passano in rassegna i trofei di armi africane, orientali e europee, mentre i singoli ambienti sono decorati da pitture parietali e ceramiche dipinte con motivi geometrici, e nella sala che precede quella Colombiana fa bella mostra il lampadario in ferro battuto con draghi alati.
Non c’è che dire, un ambiente cavalleresco in cui teche e vetrine custodiscono il vero ‘tesoro’ del castello. Un tesoro composto dagli oggetti più disparati: da una clava da ballo a foggia di canoa al gioco africano dell’awele, ritenuto dagli esperti uno dei tre più ‘nobili’ giochi di strategia espressi dell’Umanità, insieme agli scacchi e al GO. Le regole del gioco sono messe a disposizione di quanti vogliono leggerle per poi sfidarsi. Si tratta spesso di oggetti a colpo d’occhio insoliti e curiosi, che aiutano ad avvicinarsi a civiltà remote.
Risuonano ovunque echi di epoche e terre lontane che nel Salone Turco danno vita ad un Oriente magico, da favola. Come in un coloratissimo bazar delle meraviglie sono state qui radunate parti delle collezioni provenienti da Arabia, India, Cina e Giappone. E mentre vari tendaggi tappezzano il soffitto, da cui pendono lampade in rame magnificamente traforate, alle pareti sono appese affilate sciabole e scimitarre. Ma l’atmosfera è tutt’altro che da racconto di cappa e spada. Complice anche la luce soffusa, in questo ambiente intimo e raffinato, mi posso quasi immaginare il capitano ed i suoi ospiti distesi sui divani impreziositi con ricami floreali e sulle comode poltrone in velluto. Un ambiente da pascià, in cui mancano soltanto le odalische.
Completamente diversa è la stanza in cui il capitano D’Albertis si ritirava per riflettere. E per un capitano di mare, quale luogo può essere più adatto per pensare della propria cabina?! Così, di colpo si ha l’impressione di trovarsi a bordo di una nave, magari del suo Corsaro, il cutter con cui il Capitano D’Albertis, seguendo la rotta di Cristoforo Colombo, fece la traversata dell’Atlantico. Tutto è curato sin nei minimi dettagli, c’è persino il salvagente!
All’uscita del museo, mi fermo sulla terrazza a guardare il porto di Genova e il mare. Quel mare ligure che vide il capitano partire alla volta di El Salvador, Egitto e di tanti mondi lontani. E mi tornano alla mente le parole pronunciate da Anna D’Albertis, discendente del capitano, durante il percorso museale “Oh giovani italiani, che avete salute, tempo e denaro, viaggiate, viaggiate, viaggiate senza aspettare l’età della prudenza forzata, degli acciacchi e del rimpianto. Abbandonate il vostro paese durante le umide, le fredde e uggiose giornate di novembre e dicembre, rincorrete il sole che vi fugge, riafferratelo, ché a tanto equivale un viaggio alle terre del mezzogiorno”.
Consigli: dedico l’angolo dei consigli alle informazioni pratiche riguardanti il Castello D’Albertis a Genova. Essendo arroccato in alto, il mezzo più veloce che vi consente di arrivare al museo senza alcuna fatica è l’ascensore Castello D’Albertis-Montagalletto. Lo si prende nei pressi della stazione di Genova Piazza Principe e conduce in corso Dogali, quasi davanti all’ingresso del castello, al n° 18. Il costo di un biglietto è di 80 centesimi. Il biglietto del museo costa invece 6 euro, quello intero, e 4.50 se ridotto. Gli orari di apertura sono variabili a seconda del periodo dell’anno e del giorno, per cui vi consiglio di controllare il sito del Castello D’Albertis, anche se il giorno di chiusura resta sempre il lunedì.